Davanti alla grande casa di Toni, c’è un vecchio fienile che odora di legno vecchio e fieno, e Toni ne va orgoglioso. Nelle domeniche in cui si mangia brodo di gallina bollita con tortellini di carne, Toni rammenta spesso alla sua vecia le storie delle vite passate, e vissute, in quel fienile. Dai soldati tedeschi affamati in ritirata, una ruota di salame e pan biscotto non si rifiuta a nessuno, nemmeno ai crucchi, alla vecia che “fazeva filò e anca amore con Toni”, insomma, si potrebbero scrivere libri su libri.
Toni dice spesso al bar che la storia è scritta dai vincitori, e forse ha ragione. Si ha comunque e sempre l’impressione che la verità sia letteralmente scritta dal basso. Vita vera scritta dal basso, attraverso la fatica e le lacrime, la felicità e la gioia, quella che per definizione chiamiamo cruda vita. Ore minuti e anni di chi ha vissuto veramente, e proprio per questo non compare nei libri.
Il fienile è diviso in due nel senso dell’altezza, sul davanti è tutto aperto, ed è quasi lungo come la casa.
I tre lati della struttura sembrano vecchie mura romaniche di un colore rossiccio porpora. Tonalità data da tanti piccoli mattoni impilati a mano e bestemmie, con la “casoea e la malta”, da Toni e suo fratello più giovane che purtroppo non c’è più. La casa è antecedente la grande guerra e il fienile è stato tirato sù due anni dopo la fine delle ostilità.
È giovedì mattina e in cielo camminano beatamente grosse nuvole bianche che cambiano forma a ogni folata di vento.
Toni è seduto sulla vecchia sedia di un tempo al centro del fienile vuoto, e sornione controlla le campagne circostanti con ampie occhiate che partono da destra e vanno verso sinistra. È tutto a posto. Sinceratosi del “va tuto ben pa i campi”, Toni alza lo sguardo verso il cielo e nota una graziosa nuvola bianca con una silhouette familiare, nella quale riconosce la Lilla. La Lilla era una cagnolina di taglia piccola dal color delle pannocchie in autunno, quando la mietitrebbia le ha tagliate tutte, e poi per terra resta solo qualche “scataron”. “Scataron” giallastro sporco tipico delle pannocchie mangiate da qualche topolino di campo o “pantegana”. La Lilla mangiava di tutto e non ha mai avuto bisogno dei fiori di bach per squilibri psico emotivi. Libera di scorrazzare per l’ampio cortile di sassi, la Lilla era la regina incontrastata del regno. Un regno fatto di polli, oche e altri animali che al tempo giravano davanti la casa di Toni.
“Ah che bei tempi, che magnade e che brodi de gaina” pensa Toni. Il suo sognare viene interrotto da un vociare fastidioso: “Toni ndemo, vecio dee cope alsate da che a carega”
La vecia chiama Țoni. Sveglia!!! Devi portarla a fare la spesa, altrimenti non “la te fa da magnare”.
Intanto la nuvoletta a forma della sua Lilla si è dissolta. È diventata parte di un azzurro meraviglioso in un quadro sognante da ammirare. La Lilla è proprio dentro a quell’azzurro. Qualche volta lei viene a trovare Toni disegnandosi nel cielo, e regala al vecchio orso un pò di pace e qualche bel ricordo.
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