Toni odia i comunisti. Quelli di prima o quelli di dopo, bisognerebbe trovare il punto da cui partire, tanto non fa alcuna differenza. I comunisti, a quel che si capisce ci sono anche i democratici di oggi, son quelli che “fano legi sora altre legi che za ghe ze e dopo non se capise più un casso”. La vita è semplice ammette e, soddisfatto, butta giù un altro sorso di di “ombra”. Ma non è finita è un fiume in piena.
Qualcuno gli mostra la foto recente del papa ritratto con molti personaggi dell’alta finanza. “Vara che allegra compagnia, ve digo na roba ragasi, ze proprio de questo che parlo e so sicuro che Gesù Cristo, stinge i pugni, non garia mai fato na roba del genere.”
Quelli che parlano adesso di democrazia, “non soeo deso però”, son quelli subdoli. Sono quelli che si mostrano luminosi agli occhi degli altri, “el mae lavora cusì” e batte i pugni sul tavolo, ma dentro sono più neri di quello che esce dalle fumaiole di Marghera. Dentro “ i ga el catrame” e loro lo sanno che è così ma hanno un compito ben preciso: far finta che il male non esista e sia tutta “na baea coeossae”.
“Tosi però ricordeve che el ben vinse sempre, con pasiensa ma el vinse”
Il bicchiere è vuoto come il suo sguardo ora. Guarda la strada e non proferisce parola, perso forse in qualche suo ricordo.
Toni odia i comunisti ma penso, ascoltandolo, che rifiuti la politica nella quale probabilmente non si è mai rivisto.
Alla prossima.
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