Sono le due in punto e c’è silenzio.
C’è qualche pezzo di vetro sparso sul pavimento della cucina, trasportato dalle zoccolate di Toni nel girovagare confuso mentre aspetta che il mangiare arrivi sulla tavola. In verità sono cocci di qualche pallina caduta dall’albero di Natale, palline vecchie di cent’anni, forse appartenute alla sua mamma. La tovaglia della domenica, quella a quadri bianchi e rossi, è ancora stesa e per tutta la cucina si sente odore di vino e formaggio.
Al centro della “toea” si erge fiero il bottiglione di rosso vuoto senza tappo, e comunque vicino alla mano di Toni, capitasse mai un colpo d’arsura. Il piatto è strapieno di briciole di pane e croste di formaggio, e le macchie di vino si confondono con i quadrettoni unti della tovaglia, usata solo nelle feste di precetto. Non vola una mosca. Nella casa risuona solo il ticchettio della vecchia sveglia ingiallita caricata a mano, posizionata esattamente al centro della grande credenza, accompagnata dalle foto del fratello di Toni, a destra, e della sorella a sinistra. Questa mattina ha suonato forte il campanile del paese, svegliando tutti, con le cannonate delle grandi campane di bronzo, e ora in lontananza si sente solo l’abbaiare di qualche cane in giro per le campagne ghiacciate. È Natale.
A proposito di Natale.
Pochi giorni prima del 25, Toni, si trovava seduto al suo solito posto al bar e raccontava stralunato che di li a poco sarebbe nato il bambino - “si insoma quel puteo la” -, Arrabbiato disse che non aveva alcuna intenzione di festeggiare nulla e nessuno, a meno di un miracolo per guarire suo figlio nella testa. Così disse e cosi ha fatto.
Oggi sua moglie Maria Rosa, “na santa”, una donna che dorme poco e lavora tanto, ha cucinato il cotechino e la polenta. Una bontà alla veneta da leccarsi tutti i baffi, e sparita tutta in men che non si dica alla velocità della luce. Un masticare di mandibole da guinness dei primati. Maria Rosa e Toni come Bud Spencer e Terence Hill nelle loro proverbiali e mitiche mangiate. Insomma “desora a toea no ghe ze più gnente”.
Tra le altre cose a Toni piace moltissimo grattare la crosta del formaggio grana con un coltello, quando la parte buona è consumata, e poi azzannarla. Durante i freddi inverni, dopo averla grattata per bene, la mette nel forno caldo della stufa fino a farla diventare caucciù, e poi la ciuccia tutta con calma e passione, lanciando gengivate, evitando i pochi denti dondolanti ancora in piedi.
Tic tac, tic tac, tic tac, tic tac. Toni è disteso sul divano in cucina a faccia in su, gli zoccoli ai piedi e una coperta di lana grossa, lavorata a mano, lo protegge dal freddo.
Gli occhi sgranati fissano a caso un punto del soffitto, lo “smarfon” stretto nella mano destra e la sinistra stringe la statuina del bambino - “si insoma quel puteo la”-. Toni è in attesa di una telefonata. Per la prima volta nella loro vita Maria Rosa e Toni hanno pranzato da soli a Natale. Nonostante la rudezza e la forza d’animo dei due vecchiardi, l’assenza del figlio la nuora e la bimba li ha profondamente delusi e sconfortati. Le voci e le discussioni sulla politica, i sorrisi e le sganasciate, le partite a briscola e le canzoni di una volta, restano solo dei bellissimi ricordi di una vita semplice ma rigogliosa. E comunque Toni aspetta quella telefonata da ore ma è consapevole che non arriverà mai perché lui e Maria Rosa non sono nella lista dei benedetti del figlio, “maea de testa”. Nelle giornate a zappare i campi lo si sente discutere con Dio tanto quanto discorre con sua moglie ma stranamente, e nonostante tutto, lo cerca spesso. Le campane suonano le quattro e lui, al caldo sotto la coperta, non smette di stringere quel bambino di gesso - “chel puteo la insoma - Non lo ammetterà mai ma oggi, forse, solo per questa volta, vorrebbe essere consolato e accarezzato e poi stretto in un caldo abbraccio. Ché la vita non è quella della “television dee buzie”, “dei giornai comprai par scrivere cagade coe schei nostri” e dei “dottori vendui che canta de merda”. La vita è un meraviglioso viaggio da vivere insieme, in cui un giorno, purtroppo, ci si dovrà dire addio. Cosa succede dopo Toni? chiede sovente “el rumeno” “Noeo so ma intanto stemo insieme stretti che go fredo”
“Bon Nadae a tutti quanti, anca aea fonderlaien.”
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